Sulla normativa nazionale che regola il riconoscimento del Reddito di Cittadinanza e l'Assegno Unico Universale per figli minori a  carico, la Commissione Europea intende avviare una procedura di infrazione contro l'Italia perché la considera "discriminatoria". Soddisfazione è stata espressa dalla Cgil che, in una nota, rocorda come il sindacato abbia già da subito denunciato tale aspetto, poiché "in questi anni ha impedito a tanti cittadini stranieri, pur in condizione di bisogno, di accedere al Reddito di Cittadinanza". "Auspichiamo - affermano le segretarie confederali della Cgil Daniela Barbaresi e Tania Scacchetti - che questa pronuncia sia un ulteriore invito al Governo a fermarsi in merito alla previsione, indicata nella legge di Bilancio 2023, che mira a superare la misura di contrasto alla povertà vigente”. 

La decisione della Commissione - aggiungono le due dirigenti sindacali - "è l’ulteriore dimostrazione che il Reddito di Cittadinanza deve essere corretto e migliorato per essere percepito dalle persone che oggi non vi possono accedere e per rafforzare i percorsi di inclusione sociale e lavorativa. Non è pensabile cancellare una misura di contrasto alla povertà universale, e quindi percepibile da tutti in ragione della loro condizione di bisogno, con una categoriale accessibile in base a parametri introdotti artificialmente: gli anni di residenza in Italia, l’età o lo stato di famiglia”.

Per Barbaresi e Scacchetti “la seconda procedura di infrazione annunciata risponde a un’altra criticità da noi sollevata nei mesi passati in merito all’introduzione dell’Assegno Unico e Universale per figli. Abbiamo, infatti, da subito chiesto al Governo di individuare soluzioni normative che potessero coniugare la necessità di utilizzare l’Isee per garantire una modulazione degli importi in base alla situazione economica della famiglia con quella di non penalizzare i cittadini, italiani o stranieri, con figli residenti all’estero”. 

“Auspichiamo che il Governo risponda a questo richiamo - concludono - individuando uno specifico indicatore Isee per eliminare questi elementi discriminatori, senza tradire il principio di progressività che questa prestazione sociale deve mantenere, optando invece per indicatori che non tengano conto dell’effettiva condizione reddituale e patrimoniale delle famiglie che la ricevono”.