Un cittadino extracomunitario, che chiede una determinata prestazione di welfare, può ricorrere all’autocertificazione per dimostrare il possesso dei requisiti di legge previsti, e l’Inps deve considerarla idonea. E’ quanto, in estrema sintesi, ha stabilito il Tribunale di Milano, nella sentenza del 15 dicembre 2021, accogliendo il ricorso di una donna eritrea, invalida totale e regolarmente residente in Italia dal 2019, che si è vista respingere dall’Inps la domanda di pensione di inabilità, perché non aveva esibito le attestazioni provenienti dalla Repubblica di Eritrea, ricorrendo all’autocertificazione dei requisiti. 

La causa, avviata dall’Inca, attraverso i suoi consulenti legali (Paolo Maria Angelone e Franco Scarpelli), si è conclusa positivamente per la donna, con la condanna dell’Istituto previdenziale pubblico al pagamento di tutti gli arretrati maturati, a partire dalla prima richiesta. 

Secondo il giudice, la pretesa di Inps è da considerarsi infondata poiché il caso specifico rientra tra quelli indicati  tra le disposizioni contenute nel Decreto del Ministero del lavoro  del 12 maggio 2003, che indicano specificamente quando la certificazione richiesta possa essere validamente sostituita con un’autocertificazione da parte della richiedente la prestazione. Tanto più, spiega la pronuncia, considerando il fatto che la donna si trovasse nell’impossibilità di ottenere le attestazioni dalle autorità eritree, a causa del blocco di tutte le frontiere,  generato dalla pandemia Covid e per non avere più alcun familiare in Eritrea, che potesse aiutarla in tal senso, considerando il prolungato allontanamento dal paese d’origine.  

Ripercorrendo i tentativi dell’Inps di imporre una interpretazione restrittiva delle norme previdenziali e socio assistenziali, riguardante gli immigrati, come la limitazione del riconoscimento delle prestazioni ai soli possessori dei permessi di soggiorno di lungo periodo, il Tribunale di Milano ha anche ricordato come la pensione di inabilità rientri, come ha affermato la Corte Costituzionale, “tra i bisogni primari, inerenti alla stessa sfera di tutela della persona umana” e che vige nel nostro paese una sostanziale equiparazione degli stranieri con permesso di soggiorno superiore ad un anno ai cittadini italiani per quanto riguarda la fruizione delle prestazioni anche economiche, in applicazione delle normative europee. 

Per ultimo, il  Tribunale fa notare anche che è affidato all’Inps, come ente erogatore della prestazione, l’onere di comunicare all’interessato a quale organismo eritreo rivolgersi per ottenere le attestazioni pretese. Un obbligo che, secondo il giudice, l’Istituto previdenziale pubblico italiano non avrebbe neppure assolto lasciando la donna senza alcuna certezza.