Ieri, in tarda serata, Governo e Parti sociali hanno siglato due importanti accordi per dare il via alle vaccinazioni sui luoghi di lavoro e per l'aggiornamento del protocollo di sicurezza dell'aprile dello scorso anno. 

"Un'intesa importante" quella raggiunta ieri sera sul Protocollo e il piano vaccini, "in coerenza e nel rispetto delle priorità definite nel piano strategico nazionale di vaccinazione". Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, commenta l'accordo tra il governo e le parti sociali. "Due protocolli che confermano la centralità del valore della protezione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e nel Paese e che con il contributo dell'Inail, dimostrano l'importanza di un lavoro condiviso per combattere e sconfiggere il virus". 

In virtù dell'accordo si avvia la vaccinazione dei lavoratori in  azienda con cui si potrà potenziare la campagna nazionale una volta che sarà entrata finalmente a regime. Lo prevede l'accordo firmato tra Governo, imprese e sindacati che offre la medesima possibilità ai datori di lavoro. Un canale, quello aziendale, parallelo alla rete ordinaria; non una procedura alternativa. La vaccinazione in azienda costituirà infatti, si legge nel Protocollo, un'attività di sanità pubblica nell'ambito del Piano strategico nazionale per la vaccinazione anti-covid-19 predisposto dal Commissario Straordinario. 

E non si tradurrà in norme vincolanti: presupporrà l'adesione volontaria dei datori di lavoro e dei lavoratori. Tutte le aziende potranno candidarsi liberamente; non è previsto nessun requisito minimo di carattere dimensionale così come la vaccinazione sarà offerta a tutti i lavoratori, "a prescindere dalla tipologia contrattuale".

Se la vaccinazione verrà eseguita in orario di lavoro, prosegue il Protocollo, il tempo necessario "sarà equiparato a tutti gli effetti all'orario di lavoro". Esclusa inoltre espressamente, per bypassare la resistenza dei medici aziendali, la responsabilità penale degli operatori sanitari per eventi avversi nelle ipotesi di uso conforme del vaccino mentre i costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, inclusi quelli per la somministrazione, "sono interamente a carico del datore di lavoro". 

Una decisione questa che aveva trovato alcune aziende contrarie. Restano invece ovviamente a carico dello Stato la fornitura dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe/aghi) e la messa a disposizione degli strumenti formativi previsti e degli strumenti per la registrazione delle vaccinazioni eseguite. 

In alternativa alla vaccinazione diretta, nel caso i datori di lavoro volessero collaborare all'iniziativa di vaccinazione attraverso il ricorso a strutture sanitarie private, possono concludere, anche per il tramite delle Associazioni di categoria di riferimento, una specifica convenzione con strutture in possesso dei requisiti per la vaccinazione. Il protocollo assicura inoltre la vaccinazione anche a quei lavoratori le cui aziende non sono tenute alla nomina del Medico Competente oppure non possano fare ricorso a strutture sanitarie private: possono infatti avvalersi comunque "delle strutture sanitarie dell'Inail" e, in questo caso, trattandosi di iniziativa vaccinale pubblica, gli oneri restano a carico dell'ente. 

Governo, imprese e sindacati hanno poi firmato anche l'aggiornamento del Protocollo delle regole anti contagio, per il contrasto e il contenimento del Covid, cui devono uniformarsi datori di lavoro e lavoratori: il testo è stato adeguato ai cambiamenti intervenuti nel corso della pandemia. Sciolti anche gli ultimi nodi che sembravano aver riportato in discussione il documento. E' stata reintrodotta la regola per cui "la mancata attuazione del Protocollo, che non assicuri adeguati livelli di protezione, determina la sospensione dell'attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza". Risolti anche i capitoli relativi all'aggiornamento del documento di valutazione del rischio che non è più incluso nel testo mentre è stata semplificata la parte relativa alle mascherine, alle trasferte e al reingresso al lavoro dopo la positività. 

In particolare, si legge nel testo, "i lavoratori positivi oltre il 21 esimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario" mentre per le trasferte il datore di lavoro deve tenere in conto "il contesto associato alle diverse tipologie di trasferta/viaggio previste, anche in riferimento all'andamento epidemiologico delle sedi di destinazione".

Anche l'utilizzo del lavoro agile da parte dei datori di lavoro privati entra di diritto nell'aggiornamento del Protocollo che sollecita le imprese a garantire il massimo utilizzo di questa nuova forma di lavoro per quelle attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza, nonché per quelle non sospese.

Fonte Adnkronos