L’esercizio della libertà di espressione politica “deve essere necessariamente bilanciata con il rispetto e la tutela della dignità delle persone”. Con questa, insieme ad altre considerazioni, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24686/23, emessa i 23 maggio scorso, ha condannato la Lega Nord Lombardia e la Lega Nord per l’indipendenza della Padania, ritenendo discriminatorio e offensivo il manifesto, affisso a Saronno nel 2016, contro 32 persone straniere richiedenti asilo, per le quali era previsto l’inserimento in un centro di accoglienza, definendole in modo spregiativo “clandestini”. Secondo l’Alta Corte, si tratta di un termine usato a sproposito, considerando la loro regolare richiesta di protezione, con l’intento di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo per la dignità di queste persone.

“Saronno non vuole i clandestini. Vitto, alloggio e vizi pagati da noi. Nel frattempo, ai saronnesi tagliano le pensioni e aumentano le tasse, Renzi e Alfano complici dell’invasione”. Questo il testo incriminato, sottoscritto da Lega Nord Lombardia e Lega Nord per l’indipendenza della Padania, contro il quale giustamente l’associazione ASGI (studi giuridici sull’immigrazione) e l’organizzazione di volontariato NAGA, per l’assistenza sociosanitaria per i diritti dei cittadini stranieri, hanno fatto ricorso fino in Cassazione per ottenere una ferma condanna degli autori di questa iniziativa, che tendeva a presentare i richiedenti asilo come "usurpatori, per vitto, alloggio e non precisati vizi, di risorse economiche ai danni degli abitanti del Comune", così sintetizzava la Corte d'Appello nella sua pronuncia di condanna della Lega Nord Lombardia.

Confermando il giudizio già espresso dal Tribunale di Milano e dalla Corte d'Appello di Milano, la Cassazione ha sottolineato come la tutela contro gli atti discriminatori “si basi su principi fondamentali della Costituzione i tema di diritti inviolabili della persona, cioè sui principi di pari dignità e di uguaglianza davanti alla legge, che trovano riscontro nell’art. 14 della CEDU sul divieto di discriminazione”.

Per queste ragioni, la Cassazione ha confermato la condanna della Lega a risarcire le associazioni ricorrenti del danno arrecato con tale comportamento nonché al pagamento delle spese legali.

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