Lo studio del CIIP
di Marco Bottazzi, responsabile della consulenza medico legale di Inca

La Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP) ha pubblicato un interessante disamina dei dati INAIL in tema di infortuni e malattie professionali nel periodo 2010-2018. La disamina dei dati riferiti alle malattie professionale fornisce utili spunti per l’attività di Patronato e di emersione delle malattie professionali.

Il primo dato che emerge è che a fronte di un aumento della denunce di malattia professionale dalle 43.083 del 2010 alle 59.506 del 2018 vi è una sostanziale costanza del numero dei casi riconosciuti tanto che la percentuale di riconoscimento è passata dal 45,2% del 2010 al 36,7% del 2018.

La patologie professionali denunciate sono state quelle muscoloscheletriche che insieme alle neuropatie costituiscono il 72% del totale, seguite dalle ipoacusie al 9,73% e quindi dalle malattie respiratorie (6,25%) e dai tumori al 5,08%.

Infine, occorre tenere presente anche il ruolo importante che giocano i distretti industriali “forti” che probabilmente favoriscono l’emersione delle malattie (si pensi al comparto ceramico dell’Emilia Romagna e al minerario della Versilia).

Abbiamo poi le iniziative di ricerca attiva delle malattie professionali promosse dalle ASL ma anche dai sindacati di categoria con il Patronato che dovrebbero essere inventariati per ulteriori approfondimenti.
Sarebbe importante che i dati che emergono dai distretti industriali forti come quelli dei progetti mirati divengano patrimonio comu7ne nella trattazione dei casi al fine di definire la correlazione fra attività, rischio lavorativo e danno alla salute.

L’approfondimento dei dati in base alla patologia rileva come le patologie muscoloscheletriche e le neuropatie sono conseguenze dei rischi più diffusi negli ambienti di lavoro: sovraccarico biomeccanico degli arti superiori, movimentazione manuale di carichi e movimenti ripetitivi.
Ci si aspetterebbe allora una correlazione forte con le attività produttive nelle quali sono presenti questi rischi e un andamento delle denunce proporzionale agli esposti, ma non è così.
Una analisi condotta dalla Fondazione Marco Biagi ha rilevalo che nessuno strumento statistico riesce a correlare il numero di denunce (o riconoscimenti) e le variabili legate alle attività produttive. L’unica variabile che ha prodotto un nesso è stata la provincia di trattazione della pratica assicurativa. In sostanza la probabilità di osservare numeri consistenti di denunce dipende dalla provincia nella quale risiede l’unità produttiva., come ben evidenziato nella tabella sottostante.

A dare conto del dato vi sono certamente le sedi INAIL diverse ma anche il fatto ch in ogni provincia vi è un Foro competente diverso dalla altre province e una giurispudenza diversa (intendendo anche consulenti tecnici diversi).

Poi certamente vi è anche un diverso livello di attenzione alla problematica delle malattie professionali da provincia a provincia. Infine anche le ASL incluse quelle molto grandi hanno articolazioni che si sovrappongono alle province. Queste e altre figure concorrono, secondo gli estensori del rapporto, direttamente o indirettamente alle istruttorie per la dimostrazione del nesso causale.

Per completezza va fatta menzione di un nuovo denominatore esistente oggi in Italia che è contenuto nei dati trasmessi dai medici competenti (All. 3b D. Lgs. 81/08). Lì abbiamo con precisione gli esposti ai rischi di sovraccarico biomeccanico degli arti superiori e della movimentazione manuale dei carichi. Probabilmente uno studio che mettesse in correlazione le patologie muscoloscheletriche degli Open Data Inail con le esposizioni ai rischi, potrebbe dare indicazioni utili per ulteriori approfondimenti.
Per quanto concerne i tumori professionali l’analisi dei dati evidenzia come a fronte di un numero di denunce praticamente costante dalle 2418 del 2010 alle 2643 del 2018 vi sia stato un lieve calo dei riconoscimenti dai 1136 del 2010 ai 989 del 2018.

Le percentuali di riconoscimento sono basse anche per le neoplasie tabellate come ad esempio i tumori della vescica da amine aromatiche che sono riconosciuti con una percentuale del 27,4%. “La ragione della bassa percentuale di riconoscimento, anche di una malattia tabellata, è che questa stabilisce la correlazione fra agente causale e lavoro, ma rimane lo stesso da dimostrare la “lavorazione”, cioè un’esposizione sufficiente alla sostanza, cioè le amine aromatiche e a distanza di tanti anni dall’esposizione il compito non è evidentemente facile”.

Dati che meritano un approfondimento sono anche quelli inerenti i riconoscimenti dei mesoteliomi da esposizione all’amianto. Lo studio opera una comparazione fra i dati del ReNaM e i dati dell’Open Data INAIL da cui emerge una troppo marcata differenza nei riconoscimenti dell’avvenuta esposizione.
Dal confronto con i dati Re.Na.M i casi riconosciuti da Inail sono in numero inferiore, anche senza contare i casi solo probabili.

“Nella distribuzione territoriale per provincia dei casi di mesotelioma denunciati a Inail si notano immediatamente stranezze che bisognerebbe spiegare: come è possibile una differenza così marcata sulle percentuali di riconoscimento fra una provincia e l’altra? Dai dati di Re.Na.M. le esposizioni lavorative certe arrivano al 80% dei casi, come è possibile che solo poche province arrivino a questa percentuale e che molte siano al di sotto del 50%” rilevano gli Autori dell’indagine.?

Gli Autori hanno poi posto attenzione ai casi di mesotelioma non riconosciuti e rilevano che: “ 816 denunce di mesotelioma (per esempio) sono state accertate come essere effettivamente mesoteliomi, ma non sono stati riconosciuti perché mancanti di una delle condizioni della tabella delle malattie professionali (l’esposizione o la lavorazione). Sappiamo però che sono molti di più i mesoteliomi non riconosciuti, quindi è da supporre che siano inclusi nella categoria “X Patologia non determinata”. Lo stesso discorso vale per le altre tipologie tumorali.

Tutta la documentazione citata può essere richiesta alla Consulenza Medico-Legale Nazionale via e-mail all’indirizzo m.bottazzi@inca.it

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