di Anna Bilato, componente del CIV dell'INPS e membro del collegio di presidenza di INCA CGIL
Su 18 milioni di pratiche gestite dall’INPS, ben 10 milioni passano dai Patronati. Questa cifra è in linea con gli anni precedenti e conferma il ruolo centrale degli istituti di Patronato nel garantire diritti e accesso ai servizi, anche nell'era della digitalizzazione, con punte dell'85 per cento di pratiche patrocinate per pensioni e invalidità civile.
Sono questi i dati emersi nel corso della presentazione del Rendiconto Sociale INPS 2024 – lo strumento con cui il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) offre una fotografia completa dell’attività dell’Istituto – che ha fatto emergere con chiarezza quanto il contributo dei Patronati resti decisivo per l’effettività dei diritti sociali.
Quest’anno il Rendiconto Sociale è arricchito da un ampio focus dedicato alla riforma della disabilità. Un approfondimento doveroso per una riforma che, ancora in fase sperimentale, sta cambiando radicalmente l’accertamento della condizione di disabilità e ha evidenziato fin da subito importanti criticità, legate all’esclusione dei Patronati dalla fase iniziale. Un ruolo ridimensionato, dunque, ma che continua a essere fondamentale. Nello stesso focus si evidenzia che l’88% delle autocertificazioni socio-economiche necessarie per ottenere le prestazioni di invalidità civile è stato inviato proprio grazie al supporto dei Patronati.
Il ruolo dei patronati
Con l’avvio della sperimentazione prevista dal Decreto Legislativo n. 62 del 2024, è iniziata una nuova fase per la valutazione della condizione di disabilità. Un cambiamento importante, che merita di essere osservato anche dal punto di vista di chi, come i Patronati, ogni giorno affianca le persone con disabilità e le loro famiglie nel percorso di accesso ai diritti.
I Patronati sono da sempre un punto di riferimento per chi ha bisogno di orientarsi tra leggi, documenti e procedure per tutelare i propri diritti. Il loro ruolo è riconosciuto dalla Costituzione, che all’articolo 38 afferma il diritto di ogni persona inabile al lavoro e priva dei mezzi necessari per vivere ad avere sostegno e assistenza. Non si tratta solo di parole: nel 2000 la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 42, ha ribadito che i Patronati, pur essendo enti privati, svolgono una funzione pubblica fondamentale.
La Corte ha sottolineato una differenza decisiva: non basta prevedere dei diritti, occorre assicurarne l’effettivo esercizio. È proprio qui che si inserisce il lavoro dei Patronati, che ogni giorno accompagnano le persone nella conoscenza, nella richiesta e nella difesa delle tutele a cui hanno diritto. In questo senso, rappresentano un presidio di democrazia e uguaglianza sostanziale, come richiesto anche dall’articolo 3 della Costituzione.
Questa visione è stata rafforzata dalla Legge 152 del 2001, che ha ridefinito le funzioni dei Patronati, ampliando i settori in cui possono intervenire: non solo previdenza, ma anche assistenza socio-sanitaria, lavoro, fiscalità sociale e tutela dei cittadini stranieri. La riforma ha trasformato i Patronati in veri e propri difensori civici sociali, capaci di orientare le persone in un sistema di regole e servizi sempre più complesso.
Come funzionava prima della sperimentazione
Prima dell’attuale sperimentazione sulla disabilità, il ruolo dei Patronati nel procedimento di accertamento dell’invalidità civile – quello ordinario, introdotto dalla Legge 102 del 2009 – era centrale. Questo modello, ancora oggi in vigore nei territori non coinvolti dalla sperimentazione, ha garantito negli anni un equilibrio efficace e un aiuto concreto a migliaia di persone.
Il Patronato accompagna cittadine e cittadini fin dall’inizio, aiutandoli a presentare la domanda all’INPS e a trasmettere tutti i dati necessari per l’accertamento sanitario e l’eventuale accesso alle prestazioni economiche. Ma non si ferma qui: offre consulenza personalizzata e completa, che tiene conto dei bisogni specifici di ogni persona e della sua famiglia.
Le aree di supporto sono molte:
- Pensioni e previdenza: pensione di inabilità o assegno ordinario, pensione anticipata per invalidità o per chi è caregiver, maggiorazioni contributive.
- Lavoro: idoneità alle mansioni, mantenimento del posto, accomodamenti ragionevoli, collocamento mirato, permessi e congedi.
- Infortuni e malattie professionali: assistenza nei casi in cui la patologia sia legata al lavoro.
- Agevolazioni e assistenza sociale: esenzione ticket, agevolazioni fiscali, contrassegno disabili, sostegno per la nomina di un amministratore di sostegno.
In pratica, i Patronati offrono un servizio che unisce competenza, ascolto e vicinanza, aiutando le persone a non sentirsi sole di fronte a burocrazia e difficoltà. Non è un caso che, secondo il Rendiconto Sociale del CIV dell’INPS, nel 2024 l’85,3% delle domande di invalidità civile sia stato presentato attraverso un Patronato, con un incremento rispetto all’anno precedente.
Cosa è successo con la sperimentazione
Il nuovo sistema di valutazione, partito in via sperimentale nel 2025 in alcune province, prevede una novità importante: la domanda non viene più presentata dai Patronati, ma dai medici accreditati, che devono compilare e inviare un certificato medico introduttivo con valenza di domanda.
L’obiettivo è quello di semplificare le procedure, ma nella pratica sono emerse diverse difficoltà. La compilazione del certificato richiede dai 45 ai 60 minuti, il doppio del tempo rispetto al passato. Molti medici di base, già sovraccarichi di pazienti, faticano a gestire questa nuova attività, e in alcune province il costo del certificato è addirittura triplicato.
Il rischio è che, invece di semplificare, la riforma finisca per complicare l’accesso ai diritti, soprattutto per le persone più fragili. Senza il filtro qualificato dei Patronati, chi ha meno risorse economiche o competenze digitali potrebbe trovarsi escluso da prestazioni fondamentali.
Cosa chiediamo
Questa situazione che contraddice il principio di sussidiarietà previsto dall’articolo 118 della Costituzione, secondo cui i cittadini e le loro organizzazioni devono poter partecipare attivamente alla cura degli interessi collettivi.
Restituire ai Patronati la possibilità di presentare le domande significherebbe non solo rendere il sistema più efficiente e vicino alle persone, ma anche riaffermare il valore profondo del loro lavoro: garantire che i diritti non restino solo parole sulla carta, ma si traducano in aiuti concreti, tempestivi e accessibili per tutte e tutti.



