di Valeria De Amorim Pio, responsabile del Dipartimento Immigrazione e Cittadinanza di INCA

Riconosciuto il diritto all’assegno sociale a una cittadina albanese, madre di una figlia italiana e con un permesso di soggiorno per motivi familiari rinnovato ogni due anni. Una decisione significativa, che si inserisce pienamente nella missione dell’INCA di tutela dei diritti e contrasto alle discriminazioni, anche laddove alcune sedi territoriali della pubblica amministrazione adottano interpretazioni restrittive e discriminatorie, in contrasto con la normativa. Si tratta di una recente sentenza del Tribunale del Lavoro di Vasto, che ha accolto integralmente un ricorso presentato dalla sede locale dell’INCA CGIL, condannando l’INPS a pagare il beneficio a partire dalla domanda iniziale. 

La sentenza

Tutto nasce da un ricorso presentato dall’avvocato Fabio Giangiacomo per conto dell’INCA CGIL di Vasto. Il 20 marzo 2025 il giudice Aureliano De Luca si è espresso, con la sentenza 25/25, con l’accoglimento integrale e condannando l’Istituto di Previdenza a erogare alla cittadina albanese anche gli arretrati.

Questo caso mette in evidenza due prassi problematiche della PA che si riscontrano frequentemente: da un lato, la Questura – in questo caso quella di Chieti – che rilascia abitualmente permessi di soggiorno biennali ai familiari di cittadini italiani anche quando questi vivono stabilmente in Italia da anni insieme ai propri congiunti; dall’altro, molti uffici periferici dell’INPS che spesso negano l’accesso alle prestazioni assistenziali ai familiari dei cittadini italiani, nonostante la normativa vigente lo garantisca.

Perché è importante

Prima di questa sentenza, in base a interpretazioni restrittive delle norme, solo chi aveva il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo poteva accedere all’assegno sociale. Questo tipo di documento richiede requisiti di reddito elevati, spesso impossibili da raggiungere per persone in difficoltà, come molti anziani stranieri.

La decisione smentisce le interpretazioni restrittive che subordinavano l’accesso all’assegno sociale al possesso del permesso UE per soggiornanti di lungo periodo nel caso del familiare del cittadino italiano.

Il Tribunale ha chiarito che, nei nuclei familiari con cittadini italiani o europei, la legge prevede un’equiparazione tra cittadini italiani e i loro familiari. Escluderli dall’accesso all’assegno sociale per motivi reddituali è quindi illegittimo. D’altro canto, il presupposto per l’erogazione dell’assegno sociale è proprio lo stato di bisogno, e vincolare l’erogazione della prestazione alla titolarità di un permesso di soggiorno che richiede il possesso di determinati requisiti reddituali appare irragionevole e incompatibile con le finalità stesse della prestazione. Inoltre, è stato dichiarato irregolare chiedere documenti dai Paesi d’origine per dimostrare la presenza in Italia, visto che l’INPS può verificare queste informazioni attraverso le banche dati pubbliche.

Due i punti principali emersi:

  • Il permesso di soggiorno biennale rilasciato al familiare di cittadino italiano ai sensi dell’art. 19 del D.lgs. 30/2007, pur non essendo un permesso UE per lungo soggiornanti, è ritenuto sufficiente per l’accesso alla prestazione. Questo da un lato sancisce la parità di trattamento tra i cittadini italiani e quelli dell’Unione che risiedono nel territorio dello Stato per l’accesso alle prestazioni assistenziali e, dall’altro, estende la parità di trattamento ai familiari dei cittadini italiani.
  • Per provare la permanenza decennale basta il certificato storico e il passaporto: L’INPS aveva chiesto alla donna un’attestazione dalle autorità del suo Paese d’origine, oltre al certificato storico di residenza e al passaporto. Il giudice ha ritenuto questa richiesta eccessiva: il certificato storico di residenza, che mostra la sua presenza in Italia dal 2013, è una prova valida e sufficiente, in assenza di elementi contrari da parte dell’INPS.

Giuseppe Visco, direttore dell’INCA CGIL di Chieti, ha commentato così la decisione:
«Questa sentenza è una vittoria per la dignità e i diritti di migliaia di persone che contribuiscono al nostro sistema sociale. I 3,8 milioni di lavoratori stranieri in Italia versano ogni anno miliardi di euro all’INPS, sostenendo di fatto le pensioni di 600.000 italiani. È inaccettabile che chi ha costruito una vita qui sia penalizzato da ostacoli burocratici

La decisione di Vasto si inserisce in un quadro più ampio di pronunce giudiziarie che smascherano l’uso distorto delle norme per negare diritti fondamentali. Altri due casi analoghi, sempre seguiti dall’INCA di Chieti, hanno avuto esito positivo.