Nel 2016 la Sede Centrale dell’Inca venne sollecitata ad impugnare due sentenze gemelle del Tribunale di Arezzo che, sulla base di una CTU (Consulenza tecnica d’Ufficio) medico legale, aveva respinto le domande di due assistite tese entrambe ad ottenere il riconoscimento di una prestazione di invalidità civile in quanto affette da un grado di invalidità più elevato di quello riconosciuto in sede amministrativa.
Il Tribunale, quanto a regolazione delle spese, aveva compensato le spese di lite stante la corretta declinazione dei redditi ai sensi dell’art. 152 disp. att. cpc e tuttavia aveva condannato le ricorrenti al pagamento di 1.800 euro nel presupposto che - nel rivendicare un grado di invalidità maggiore di quella poi accertata dal ctu – avessero azionato una domanda speculativa tale provocare uno spreco della risorsa giustizia con un uso strumentale ed illecito del processo.
La Corte di Cassazione (sentenze n. 12455/2022 e n. 12454/2022, depositate il 19 aprile scorso), ha accolto i ricorsi proposti dall’avvocato Rosa Maffei e, sconfessando la tesi del Tribunale di Arezzo, ha ritenuto che il mero divario tra il grado di inabilità rivendicato e quello accertato dal ctu non può essere considerato indicativo di mala fede o di abuso del processo ma è riconducibile al normale dibattito processuale e alla fisiologica dialettica tra le parti e comunque , in caso di lite temeraria, spetta all’Inps sollevare domanda di condanna per responsabilità aggravata deducendone e dimostrandone i presupposti
Nelle due pronunce, la Cassazione, richiamando anche alcune delle sentenze della Corte costituzionale (nn. 135 del 1987 e 134 del 1994), ha ribadito che “la disciplina delle spese dei processi per prestazioni previdenziali e assistenziali è storicamente connotata da una sua specialità, a sua volta espressione della discrezionalità rimessa al legislatore al fine di garantire l’effettivo accesso al giudizio da parte dei soggetti meno abbienti”.
“Queste sentenze – commenta Maffei, senza nascondere la propria soddisfazione - neutralizzano la tesi del Tribunale di Arezzo che si prospettava particolarmente insidiosa e tale da intaccare profondamente la disciplina protettiva predisposta a garanzia dei cittadini non abbienti per la tutela in sede giurisdizionale dei loro diritti previdenziali e assistenziali e hanno il pregio di definire correttamente il rapporto tra l’esonero dalle spese e la responsabilità per abuso del processo contrastando una linea interpretativa rigorista che ha iniziato a fare proseliti tra i giudici di qualche tribunale”.